Il filo cardato di Santa Limbania - Racconto-analisi della storia di Castelletto d'Orba e dintorni (parte 1)
In questo racconto-analisi, il nostro amico Andrea ci offre una panoramica, nel corso di vari secoli, della storia di Castelletto d'Orba, piccolo centro abitato dell'Ovadese, in provincia di Alessandria, e dei suoi dintorni, che in diverse epoche furono luogo di importanti avvenimenti e personaggi storici.
Organismi civili e religiosi iniziano a fondersi, quindi è opportuno fare chiarezza: i romani
dividevano le loro provincie prima in municipi a loro volta sezionati in pagi e vici; le circoscrizioni
ecclesiastiche minori venivano sovente ricalcate sui pagi dove le cappelle facevano tutte capo a una
pieve che impartiva battesimi, benediceva puerpere dopo il parto e, in un secondo tempo, si occupava anche delle funzioni più "civili" della riscossione delle decime.
La suddivisione rimarrà nel Medioevo e sarà la base per la riscossione di decime e per occorrenze
militari; il ricordo di questi pagi può anche essere la base di Rondinaria in quanto i territori di
Silvano d'Orba, Tagliolo Monferrato, Rossiglione (parte est dello Stura), Belforte Monferrato, Lerma, Casaleggio Boiro e Mornese
dipendevano tutti dalla pieve di S. Maria di Prelio, zona nella quale venivano comunque localizzate alternativamente nei diversi paesi le abitazioni degli schiavi incaricati della raccolta dell’oro nelle
valli dello Scrivia e del Gorzente, secondo Goggi, questo antico pagus poteva chiamarsi "Arundinaria" e da qui il nome Rondinaria.
Castelletto comunque dipendeva da S. Innocenzo dalla pieve di S. Maria di Lemme, ancora
esistente, a nord di Gavi, su una lingua di terra sull’ansa del torrente dal quale prende il nome, associata con le chiese di Parodi, Tramontana, Bosio, Capriata d'Orba e la stessa Gavi. Mancano comunque
le prove archeologiche dell’esistenza di un vero e proprio pagus.
La pianura comunque non si presenta più sicura per le popolazioni della zona in quanto stanno
giungendo le spade barbariche a movimentare la ormai tranquilla vita della valle dell’ Albedosa. Quindi, i pacifici abitanti di Castrum Vetus si avviano verso le ancestrali dimore dei loro antenati
posti sulle colline, posizioni sicuramente meglio difendibili dalle quali i castellettesi osservano
sicuramente con preoccupazione e stupore gli ultimi colpi di coda dell’impero romano. Nel 402
arrivano i visigoti di Alarico seguiti a ruota da Burgundi e Ostrogoti che occupano militarmente
l’Italia.
Ma questa situazione a Bisanzio non viene accettata, e nella penisola italica arrivano i migliori generali bizantini
(Belisario e poi Narsete) che dopo dieci anni di lotte riprendono il controllo della penisola.
Ma oramai la popolazione non si fidava più, l’insediamento di Castelvero viene rapidamente
abbandonato per ritornare agli antichi insediamenti di epoca preromana di difesa più agevole 6 in
quanto nelle nostre zone collinari i castelli non derivano dai tempi di Carlo Magno ma
sono molto precedenti, addirittura eredi dei castè liguri.
Riprendono comunque i guai (i castellettesi si erano dimostrati previdenti): nel 568 arrivano i
Longobardi di Alboino e occupano mezza Italia fissando la capitale a Pavia, ma il loro slancio viene
temporaneamente fermato sui contrafforti appenninici dove le forze armate bizantine si attestano su
una linea di difesa fortificata in alcuni punti che, secondo alcuni, formava in queste zone un saliente
tra Orba e Scrivia con un punto fortificato anche a Castrum Vetus.
Ma fermare la marea longobarda risulta quasi impossibile, e questi penetrano prima sullo Scrivia e,
successivamente, fanno cadere la linea di difesa dell’intera zona nel 643 con l’offensiva che porterà
a Rotari l’intera Liguria; inizia così l’epoca barbarica vera e propria nella zona, a Castelvero si
stabilì un gastaldo 7 longobardo, e rimase corte di caccia per i sovrani che praticavano l’arte
venatoria nell’estesa Selva Orba (corsi dell’Orba, del Tanaro e dello Scrivia).
Infatti dalla parola longobarda gahagi (terreno riservato, bandita) si possono dedurre alcuni
toponimi, l’attuale zona Gazzolo, ora piana destinata alla viticoltura e con poche vestigia del suo
lussureggiante passato, era parte di un'estesa riserva di caccia facente parte quella che veniva
definita Selva Orba (definizione dello storico longobardo Paolo Diacono).
Toponimi come Frassineto, Fresonara, Frugarolo derivano quasi sicuramente da questo periodo, richiamanti il mondo silvestre o pastorale a dimostrazione dell’effettiva estensione della Selva Orba che dava un'aspetto del tutto diverso della rispetto i giorni nostri.
Nel 774 arriva Carlo Magno che sconfigge il re longobardo Desiderio e divide il territorio in
comitati con a capo un conte, funzionario civile e militare; solitamente queste giurisdizioni erano
divise come le diocesi, quindi in questa zona erano presenti il conte di Acqui e di Tortona. Il grande imperatore fondò scuole e monasteri dando il via al sistema dell’economia
curtense (ogni comunità e villaggio veniva organizzato in maniera razionale per avere migliori
risultati economici) e portando la zona in un'enorme complesso politico e amministrativo che
favoriva i commerci.
Comunque, le cose belle come al solito durano poco, e alla morte del grande sovrano i figli iniziano i
litigi e la situazione di instabilità politica perdurerà fino alla metà del X secolo. Sul trono d’Italia si
susseguono a velocità impressionante diversi sovrani in un quadro di guerre civili, congiure e
saccheggi sommate alle invasioni di Saraceni e alle scorrerie ungare. Si ha in questo periodo la distruzione di Rondinaria ad opera di mori di Africa e di
Spagna che, nel 936, arrivano ad attaccare Acqui, respinti però dalla popolazione; cosa che non
riesce ai vicini, infatti secondo Jacopo d'Acqui i saraceni avrebbero occupato per un certo periodo
Libarna.
In quest’epoca si ha quindi, secondo la tradizione, il primo incastellamento della zona con la Torre
Buzzi a Castelletto e la torre dell'Albarola sicuramente utilizzata per lo scambio di messaggi (o
meglio di allarmi) con le comunità vicine; l'Albarola viene comunque collegata dalla tradizione alla
precedente pieve del Prelio (quella di Rondinaria) come campanile staccato perché facilmente
visibile da tutti i paesi del piviere con una distanza media di soli 2/3 chilometri.
Il racconto-analisi del nostro amico Andrea su Castelletto e dintorni continua nel prossimo articolo, non perdetevelo!
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