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Il filo cardato di Santa Limbania - racconto-analisi di Castelletto d'Orba e dintorni (parte 4)

 Il nostro storico continua a pedalare... Dove lo porterà la strada della storia? Seguiteci per scoprirlo!

Un lutto sconvolge la famiglia: nel 1502 muore Agostino Adorno che ben si era comportato destreggiandosi tra organismi più forti e traendone sempre vantaggio lasciando i figli Antoniotto e Gerolamo. I due immediatamente cambiano partito schierandosi con la Francia che attacca Genova sulla quale siede un doge Fregoso che mal vede la potenza transalpina: detto fatto, il primogenito organizza una leva in questi territori (soprattutto Silvano e Castelletto) e piomba con 3000 uomini in Val Polcevera scontrandosi frontalmente e vincendo sotto le mura mentre il secondogenito guida l’assedio navale delle forze francesi con nove galere, dieci galeoni e tre caravelle. I Fregoso, sconfitti su terra e assediati dal mare, fuggono a La Spezia mentre Adorno e Fieschi penetrano in città e fanno scempio della fazione sconfitta. Luigi XII ringrazia e nomina Antoniotto Luogotenente Generale e Vicario a Genova mentre il fratello Gerolamo è Capitano della piazza. La cosa dura poco perché il mutevole andamento della guerra porta il re di Francia alla rotta in Lombardia, quindi gli Adorno, per evitare ulteriori problemi alla popolazione, tornano nei loro feudi in oltregiogo aspettando un’altra buona occasione.

Naturalmente gli Adorno sapevano essere spietati e voltagabbana come gli altri ed eccoli, nel 1512, al fianco di Carlo V contro i francesi a combattere coadiuvando Prospero Colonna che si avvalse di Girolamo come valente condottiero (coma aveva già dimostrato più volte) ma anche come diplomatico e politico. Ma questi signori si ricordano anche di Castelletto: nel 1522 edificano le mura intorno al borgo come testimonia la targa su porta Genova “HOC OPUS FACTU FUIT 1522 REGNANTE ANTONIOTTO ADURNO DUCE IANUE”. Il successore risulta Barnaba Adorno, personaggio interessante: leggende paesane narrano che distrusse le mura per affrontare a campo aperto le truppe sopraggiungenti dello suocero Giovan Francesco della Mirandola, ma come al solito le storie paesane sono confuse quando si tratta della grande storia…. Barnaba era sposo della Contessa Anna Pico della Mirandola la quale doveva portare in dote alcuni feudi della Val Borbera; detti domini erano stati però ipotecati, quindi l’Adorno si trovò senza dote. Il suocero trovò il modo di pagare ospitando il tesoro del nobile, in fuga da Genova dopo l’ennesimo rovescio, nel suo ben munito castello preso d’assalto nelle lotte per il potere da Galeotto della Mirandola ma conquistato in alcuni mesi. Così lo sfortunato Adorno perse dote e tesoro iniziando poi quella che sarebbe stata la contesa e la guerra con Pico della Mirandola.

Finalmente nel 1541 la situazione si sblocca, i Mirandola possono pagare la dote all’Adorno con il castello di Pietra (vicinanze di Arquata), Pallavicino, Montessoro e Borgo; l’anno dopo il fratello di Anna, Paolo Pico della Mirandola, si porta in paese con il suo seguito pretendendo di avere diritti su Castelletto per via della non completa risoluzione della tenzone sulla dote della sorella. Nell’immaginario collettivo una violenza del genere può essere tranquillamente rimasta come guerra aperta in quanto il sangue corse sul serio nelle vie del paese tra i fautori degli Adorno e il seguito del nuovo arrivato che, non essendosi presentato a capo di un esercito, venne fatto entrare tranquillamente in paese. La situazione si trascinò tra vero e proprio stato di guerriglia e momenti più tranquilli per alcuni mesi fino a che il podestà del paese non ne ebbe le tasche piene della situazione: secondo le leggi del Monferrato condannò il conte Paolo alla pena capitale e alla confisca dei beni occupati, ma non essendo riuscito a catturarlo commutò la pena in esilio perpetuo per i reati di omicidio e altri delitti non meglio specificati.

Intanto, il timoniere era cambiato, con l’estinzione della dinastia dei Paelologo il Monferrato passava ai Gonzaga da Mantova per linea dinastica indiretta (Federico Gonzaga era sposo di Margherita Palelologo, sorella dell’ultimo marchese) e questi battono immediatamente cassa a Castelletto: la pretesa è unica e non discutibile, ossia l’alloggio di truppe ducali nel castello e un contributo dalla comunità per le fortificazioni in tutto il ducato; c’è da immaginarsi l’espressione del combattivo podestà che aveva giudicato con leggerezza un conte ad una richiesta del genere. Per evitare beghe e rivolte, si muove Barnaba Adorno (forse troppo grato a quest’ultimo per vederlo penzolare da una forca come ribelle) scrivendo all’imperatore Carlo V che con una lettera datata 5 luglio 1555 salva la situazione imponendo ai Gonzaga il riconoscimento delle signorie degli Adorno e scoraggiando (successivamente vietando) a questi duchi di richiedere contributi eccezionali, salvando così i soldi e il collo di molti castellettesi.

Ma la storia non è ancora alla fine, un imperatore non fa mai niente per niente e chiede al buon Barnaba di trovare e punire gli assassini di un congiunto di Andrea Doria, signore di Genova e ammiraglio imperiale. Detto fatto, colpevoli trovati, presi e giustiziati, poco importa se l’Adorno era uno dei cospiratori contro lo stesso ammiraglio…. Questo signore alquanto scaltro non ebbe problemi con la prole generando ben 15 figli (Carlo, Antoniotto, Prospero, Agostino, Giovanni, Girolamo, Franchetta, Giulia, Anna, Isabella, Flavia, Giovanna, Ilaria, Livia e Ottavia) con la seconda moglie, la bellissima Maddalena (sepolta a San Pietro a Silvano) riconosciuta anche estremamente abile a governare il feudo. Con la morte di Barnaba le redini sono prese da Prospero Adorno che riesce, cosa strana, a giurare fedeltà a un solo signore, il Duca di Mantova e Marchese del Monferrato con buona pace e sospiro di sollievo di storici e araldi. Arriva al feudo il terzogenito in quanto i fratelli maggiori erano morti di epidemia, quindi nel 1564 questi giura fedeltà. Il fratello minore Agostino si distingue nella difesa di Malta dai turchi diventando Cavaliere dell’Ordine e, nel 1571, i quattro fratelli Adorno combattono a Lepanto alla testa delle milizie castellettesi e silvanesi sotto le bandiere della Lega Santa distinguendosi in battaglia e riportando a casa trofei e bottino. Vi era anche un tale Marco Antonio Cortella che donò a S. Antonio le armi e le spoglie dei soldati battuti; una lapide lo ricorda ma la ristrutturazione della facciata della chiesa del 1875 l’ha ricoperta.

Questa nuova schiatta di Adorno era particolarmente agitata, continuarono campagne di minore intensità contro i turchi partecipando con i veneziani alla presa di Navarrino in Morea e nelle Puglie per contrastare gli sbarchi ottomani a Otranto e Castro in aiuto alle armate spagnole. Una serie di morti e lutti porta l’ultimogenito di Barnaba, Girolamo, alle redini del feudo e ottiene per Castelletto la dignità comitale nel 1593: da quel momento si ha ufficialmente la Contea di Castelletto e Silvano sotto il dominio del conte Girolamo Adorno il quale istituisce un maggiorascato per permettere anche alle figlie di passare il titolo senza poterlo detenere. Ora anche le femmine di casa Adorno possono vedere i loro figli nominati Conti di Castelletto e Silvano in caso di estinzione della linea diretta maschile; si rivela un ottimo profeta in quanto alla sua morte il titolo passa al nuoro, marito della primogenita, il conte Botta di Pavia dando dunque il via alla famiglia dei Botta-Adorno. Naturalmente un tale titolo porta a una burocrazia più sviluppata e gli Adorno non riescono o non possono più governare direttamente il paese, affidandolo quindi alle cure di un podestà da loro nominato. Abbiamo in questo periodo i primi documenti comunali registrati negli anni 1603 presenti nella chiesa di S. Lorenzo e in comune, le prime prove di un’amministrazione locale che poneva nelle mani dei podestà i poteri civili e e comunali risultando a capo del consiglio comunale eletto dai cittadini. Questi giurava fedeltà agli statuti e alle consuetudini comandando egli stesso un corpo di sbirri come forza di polizia integrabile alla bisogna da milizie locali; il borgo veniva di fatto amministrato dal consiglio con un numero di partecipanti variabili ma con due consoli fissi, due per il paese superiore e due per il paese inferiore.

Le cariche risultano complicate e macchinose, i consoli detenevano le chiavi delle porte del borgo e nominavano tra i consiglieri due sindaci, due maestrali, e quattro terminatori e estimatori; i primi rivedevano i conti degli esattori, i secondi sorvegliavano sulle misure e sui commercianti mentre gli ultimi regolavano gli eventuali screzi su terreni e fissavano i prezzi delle vendite. Inoltre, la comunità pagava due campari annuali per la sorveglianza del bosco vicinale del Gazzolo ed un banditore pubblico; poi, il feudatario nominava tutti gli ufficiali militari (capo delle milizie e 12 caporali i quali avevano il compito di addestrare e inquadrare gli uomini). I campari regolavano in maniera brutale e draconiana la vita nel vicino bosco comunale effettuando severissime multe a chiunque si mantenesse cogliendo prugne, pomi, e amarene dal bosco ritenuto a completo usufrutto della comunità per quanto riguarda il legname ma non i frutti; avevano inoltre il potere di sequestrare qualsiasi bestia appartenente ai “forestieri” che recasse danno al bosco comunale. Di questi anni poi sappiamo anche i conti, le entrate comunali in media risultavano sulle 7000 lire che con 6885 lire di spesa lasciavano pochetto agli amministratori, ma in questa cifra risultavano già comprese le paghe per il padre predicatore, per il custode dell’orologio e per il salario del maestro di scuola.

Come al solito nella zona non si può vivere tranquilli, nel 1612 muoiono il Duca Vincenzo Gonzaga e il figlio ancora infante Francesco, quindi si riapre la tenzone per il dominio del Monferrato rivendicato in maniera quasi immediata da uno dei nonni del putto deceduto, il Duca di Savoia Carlo Emanuele, decisamente un asso per quello che riguardava devastazioni e guerre; Castelletto corre ai ripari, si rifanno i muri e vengono potenziate le fortificazioni esterne in vista di un potenziale assedio da parte di truppe savoiarde. Le milizie sono affidate alla guida di Gian Battista Gamondo che impegna in maniera immediata le truppe avversarie partecipando con il principe Filippo Gonzaga alla liberazione di Nizza; l’anno dopo i Savoia si ritirano vista la brutta piega della situazione e l’intervento diretto della corona Spagnola che non vedeva di buon occhio un’eventuale espansione dei domini dei portinai delle Alpi nella zona monferrina.

Abbiamo in questo periodo il rafforzamento e l’ingrandimento delle mura, tuttavia la comunità non si sente al sicuro: negli anni successivi vengono presi provvedimenti per la sempre più esosa camera ducale del Monferrato con il pagamento degli arretrati richiesti dai Gonzaga ma abbiamo in maniera contestuale la chiusura in paese delle riane, i viottoli- ruscelli non scaricano più all’esterno delle mura ma vengono sigillati con opere laterizie contestualmente alle riparazioni nella zona della Fracchia dove il bastione risultava leggermente danneggiato. In questi anni si ha l’arrivo in paese del primo medico comunale, è Giovanni Testa di Moncalvo e riceve 100 scudi, tre carri di legna e l’alloggio, è l’anno domini 1621. Come al solito in paese è un susseguirsi di catastrofi naturali e guerre, l’Albara esce dai margini e allaga la zona rovinando e distruggendo i muri di terra dei quali il marchese ordina subito la ricostruzione. Vi è anche un grandissimo desiderio di normalità in paese e di veloce ritorno alla vita civile, fatto denotato dallo sforzo per il recupero dei documenti danneggiati durante l’alluvione con l’interessamento presso la camera ducale del Monferrato. Comunque, il marchese di Mantova Carlo II si fa ricordare dalla storia come personaggio giusto e clemente concedendo uno sgravo fiscale alla comunità diminuendo sensibilmente le tasse ai borghi in evidente difficoltà.

Il paese ha tempo per riprendersi giusto in tempo per le nuove tempeste militari in arrivo: nel 1672 immaginando una guerra tra i Savoia (ora amici dei conti di Castelletto) e Genova viene decisa la ristrutturazione e il rafforzamento delle mura e della Porta dell’ Olmo. Le guerre di fine XVII secolo si trascinano stancamente nella zona cambiando alleanze e schieramenti in quanto anche solo un borgo fortificato (come era a quei tempi il paese) in mano a uno schieramento o a un altro poteva decidere l’intera geopolitica della valle dell’Orba; i tempi non risultano del tutto felici anche grazie a un signore prettamente criminoso come Ferdinando Carlo Gonzaga, ultimo della sua famiglia e dedito a una vita incredibilmente dispendiosa che lo porterà alla vendita della cittadella fortificata di Casale ai francesi del Re Sole scombinando così completamente i giochi in zona. La cosa non passa inosservata e la Lega di Augusta (Inghilterra, Olanda, Impero e Spagna) che dichiara guerra alla Francia; per il paese iniziano le solite richieste di tasse straordinarie e di alloggiamenti di truppe in quanto i transalpini sono molto attivi in zona possedendo Casale e la città-fortezza di Pinerolo; questo conflitto si risolve con un nulla di fatto lasciando la situazione in zona confusa: abbiamo pochi cenni sugli Adorno in questo periodo mentre si nota e viene riconosciuto un certo traffico con la camera ducale per i vari conti in sospeso tra i Gonzaga e la comunità. Abbiamo da ricordare nel 1685 un importante fatto ecclesiale, la parrocchia di S. Innocenzo muta la titolatura in S. Antonio Abate mantenendola fino ai giorni nostri. La cosa mi pare molto strana, un cambio di titolatura così non è così frequente, forse si è voluto adottare un patrono più vicino alla gente come figura, un più bonario e bucolico abate amico degli animali piuttosto che un martire ricordo dei tempi lontani ma su queste mie personali speculazioni non posseggo prove.

La parte finale del racconto è già online, non perdetevela!


Mura esterne del castello, Castelletto d'Orba (AL)

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