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Il filo cardato di Santa Limbania - Racconto-analisi di Castelletto d'Orba e dintorni (parte 5)

 Ecco la conclusione dell'interessante racconto-analisi del nostro storico Andrea Cazzulo che ringraziamo per la collaborazione. Buona lettura!

Risulta importante per la vita spirituale della piccola comunità l’arrivo delle spoglie di S. Innocenzo Martire appartenente alla famosa legione Tebea. Questa rinnovata spiritualità porta a Castelletto un nuovo rifiorire di offerte alle parrocchie dei paesani per protezione divina soprannaturale, sicuramente ben accetta e indispensabile in quanto l’uragano dell’ennesima guerra si abbatte in zona. Questa volta i problemi giungono da molto lontano e parlano castigliano: muore Carlo II d’ Asburgo senza eredi, il dilemma sembra irrisolvibile se non fosse che i contendenti al trono sono i Principi di Asburgo-Lorena (per la casa d’Austria) e Filippo di Borbone, cugino primo del Re Sole ed erede designato con l’obbligo di mantenere separate le due corone (Francia e Spagna); inoltre, lo stesso duca di Savoia poteva vantare diritti sulla corona in quanto figlio di una principessa spagnola.

Inizia l’ennesima contesa con il vantaggio dei Borboni insediati in Spagna (per volere diretto di Carlo II) e Francia contro il resto dell’Europa, i Gonzaga sbagliano campo schierandosi con questi ultimi dovendosela così vedere nella zona con il genio militare dei cugini Vittorio Amedeo II di Savoia e Eugenio di Savoia Carignano che in breve tempo sottomettono l’intero Monferrato nonostante gli sforzi del maresciallo francese Catinat. Dal 1700 il marchese Adorno giura fedeltà ai Savoia (come i suoi alleati avevano già fatto con i Paleologo) ma questa volta in maniera definitiva; Castelletto entrava a far parte dell’embrione che 161 anni dopo si sarebbe sviluppato nel Regno d’Italia. La vita pubblica si evolve e anche l’amministrazione fa i suoi passi, i consiglieri salgono da tre a diciassette e il paese risulta diviso in gruppi di famiglie da quali viene nominato il delegato direttamente dall’uscente in carica Gruppo Famiglie I Verri, Fava, Frattino, Gamondo II Tacchino III Porotto IV Carbone, Maranzana V Cassone, Deiacobis, Porchetto, Mazzzarino VI Romero, Musso, Raggio VII Ultrajada, Candia VIII Martinengo, Cicchero, Dolcino IX Amerio X Casella XI Cazzulo XII Morando, Ratto, Gastaldo, Lombardo XIII Gualco, Capello, Bianchi, Ferrero XIV Spotorno, Zambarino, Marcenaro XV Zuccarello, Mela, Massone, Corte XVI Travrerso, Guidobono, Rizzi XVII Fornaro, Cairello.

Annualmente i consiglieri dovevano lasciare la carica e passarla a un membro del loro gruppo da loro designato. Ma la miseria si annida in paese in quanto il borgo risulta stremato dalle continue tasse e balzelli richiesti per una guerra a volte combattuta anche in luoghi lontani, viene istituita quindi una congregazione di carità per aiutare i bisognosi nell’anno 1722. La situazione risultava aggravata dalla coercizione di una parte di giovani obbligati al servizio della leva obbligatoria (1711) e a una grida feudale 11 del 1719 con la quale si vietava la caccia e la pesca; viene inoltre rivolta al signore (Alessandro Botta-Adorno) una supplica per cambiare gli statuti comunali in quanto il numero di 17 consiglieri risulta ora oneroso e esagerato ottenendo la subitanea riduzione a 12 con la rotazione compiuta a scaglioni di 4; gli abitanti rivolgono inoltre una petizione diretta al sovrano per ciò che concerne la fabbricazione e la vendita di acqueviti e tabacchi, questione lasciata in sospeso. Nonostante la miseria, Castelletto si ritrova coinvolto con i suoi giovani di leva nelle guerre di successione polacca e austriaca non contribuendo alla già dissestata situazione economica che porta gli amministratori a licenziare il maestro di scuola e la situazione annonaria non risulta ottima, anzi, tutt’altro a causa di pessime vendemmie negli anni ‘30 del secolo che portano a una crescita del prezzo di mercato delle uve e dei vini che ha dell’incredibile, anni durante i quali anche i ricchi possidenti rischiano di morire di fame. La situazione non rosea viene aggravata da alcune gravi epidemie bovine (1746 e 1747).

Si registra in questo periodo, inoltre, la divisione che ancora oggi tormenta il paese tra S. Antonio (sotto la diocesi di Genova) e San Lorenzo (sotto la diocesi di Tortona) inizialmente solo dal punto di vista ecclesiale ma, successivamente, con toni ben diversi che tuttora possiamo rilevare in paese. La fiscalità sabauda opprime comunque la comunità per mantenere truppe e corte in vista del grosso gioco che stanno tentando i Savoia a Torino, ovvero il passaggio da potenza regionale a vero e proprio stato nazionale anche perché il titolo regio conseguito nel 1718 (Re di Sicilia, successivamente barattato con la più controllabile Sardegna) non basta a costruire un vero e proprio stato per il quale risulta necessaria un’infrastruttura politica e militare decisamente costosa, naturalmente mantenuta dal basso. La seconda metà del secolo non risulta più rosea con difficoltà di approvvigionamento per tutto il paese grazie ad alcuni raccolti semplicemente catastrofici, insomma il Settecento a Castelletto è stato sicuramente un periodo di fame e tragedia tra carestie, morie di bestiame, grandinate, addirittura nel 1775 la gente esasperata non rispetta neanche i morti assaltando un corteo funebre in Caffarella, esasperazione totale data dalla miseria e dal clima da guerra civile tra le due parrocchie. La fonte però (per rispetto suppongo) non riporta chi fosse il dipartito e chi gli assaltatori.

La burocrazia sabauda oltre a tasse e balzelli a non finire (prerogativa del tutto italiana) porta anche qualcosa di positivo: viene semplificata in maniera estrema l’amministrazione comunale con un solo sindaco di mandato semestrale e un numero imprecisato di consiglieri. La guerra torna a molestare l’Italia nel 1792 e più precisamente il 19 ottobre con la dichiarazione di guerra da parte della Francia repubblicana, in aiuto del re di Sardegna giungono gli austriaci e due compagnie del 2° fucilieri del Delfinato sono ospitate a Castelletto mentre inizia la mobilitazione generale in tutto il regno; cinquantanove libbre d’argento sono donate dalle parrocchie allo stato (ricavate dalla vendita di arredi sacri) per mantenere parte dello sforzo bellico, e viene anche affittato per questa guerra il bosco del Gazzolo anche se risulta infestato da briganti in lotta contro il potere centrale e la miseria. A fine 1793 le milizie castellettesi sotto il comando del capitano Casella partono per riunirsi a Acqui al 23° Fucilieri per iniziare gli scontri con Napoleone avanzate a Dego e Cairo Montenotte. Al paese sono chieste liste di coscritti tra i 16 e i 60 anni in grado di combattere e di ricoprire il ruolo di sottoufficiali: vengono armati 253 uomini con armi varie (dagli schioppi alle roncole) e vengono acquartierati nel castello quando le truppe ufficiali partono per risolvere la situazione e annientare il generale corso... Situazione risolta ottimamente a seconda dei punti di vista.

Nel 1796 gli austro-piemontesi sono sonoramente battuti da Bonaparte a Montenotte, Dego e Millesimo, a Cherasco il re di Sardegna firma l’armistizio e si ritira nella corte di Cagliari protetto dalla flotta inglese, quindi i giacobini dilagano per tutto il Monferrato compresa Castelletto il cui presidio si disperde con la ritirata delle truppe austriache. Iniziano le violenze e i saccheggi dei francesi ai danni della popolazione. La Repubblica Francese si dimostra in parte giusta e in parte rapace: viene istituito a Castelletto un magazzino per le granaglie, vengono aboliti i privilegi feudali e comprato un forno ma le tasse e la miseria si moltiplicano, I repubblicani (come si definivano i giacobini) rimuovono il consiglio comunale e ne inseriscono un loro personale ente di governo. La situazione si trascina fino al 1799 anno in cui i francesi di Joubert sono sconfitti a Novi Ligure dagli austro-russi sotto la guida del generale Suvrow. Lo stesso condottiero francese è ferito a morte e l’ancièn regime torna nella zona per circa un anno, fino al 14 giugno 1800, anno della battaglia di Marengo nella quale Napoleone batte sonoramente gli austriaci e riporta gli alberi della libertà nella zona. Con Bonaparte si hanno molti cambiamenti: Castelletto passa interamente sotto la diocesi di Acqui che ora comprende anche Belforte, Basaluzzo, Casaleggio, Francavilla, Fresonara, Lerma, Montaldeo, Mornese, Silvano e Tagliolo; ma al corso non basta più il titolo di primo console e nel 1805 si fa proclamare imperatore e incoronare a Parigi da Pio VII. L’intero impero è diviso in dipartimenti a loro volta frazionati in cantoni, Castelletto era nel dipartimento di Cairo Montenotte con il grande onore di essere Capoluogo di Cantone comprendente le comunità di Carpeneto, Casaleggio, Silvano, Montaldeo, San Cristoforo, Tassarolo, Francavilla, Tagliolo, Lerma, Belforte, Rocca Grimalda e Mornese; era presente il giudice di pace con funzioni di polizia e civili affiancato da un cancelliere e un usciere, quindi la comunità veniva investita dal governo imperiale di un grande onore. Cosa che si protrae fino alla caduta dell’impero nel 1814 e a una festa, non so quanto spontanea, per il ritorno dei Savoia. Comunque, le celebrazioni potevano essere anche spontanee in quanto sotto il dominio francese le cose non erano migliorate, anzi in alcuni casi peggiorate con la popolazione in stati di miseria crescente e guerre combattute per un imperatore straniero in terre lontane.

Tre anni dopo si torna anche alla normalità ecclesiastica con l’intero paese sotto la diocesi di Tortona. Quindi l’ultimo esercito ostile in queste zone se ne va, solo il secondo conflitto mondiale porterà nuovamente truppe di occupazione sul territorio ma dalle ronde napoleoniche in cerca di briganti nel Gazzolo alla marcia delle truppe dell’Asse ne passerà di tempo... ma proprio una salita così ripida dovevano percorrere?? Sbuffando e ringraziando l’Onnipotente che sempre mi guida affronto le ultime pedalate che mi separano da casa.



Centro storico di Castelletto d'Orba

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