La Battaglia di Campaldino
Sanguinosa
battaglia combattuta tra guelfi, in maggioranza provenienti da Firenze, e i
ghibellini di Arezzo. Lo scontro armato, che ebbe tra i suoi partecipanti anche
due celeberrimi poeti, Dante Alighieri e Cecco Angiolieri, vide la vittoria dei
fiorentini e dei loro alleati guelfi (Repubblica di Siena, Repubblica di Massa,
Repubblica di Lucca, Pistoia e Prato) sulle forze ghibelline di Arezzo, in
particolare grazie all’intervento di Corso Donati, detto il Grande Barone, che
influì decisivamente con i suoi uomini sugl’esiti dello scontro. Il luogo dove
si tenne il grosso della battaglia fu la piana di Campaldino, tra i comuni di
Poppi e la frazione di Pratovecchio, nei pressi di una chiesetta ancora oggi
presente chiamata Certomondo. All’inizio i guelfi adottarono una tattica
difensiva, mentre i ghibellini, con trecento feditori, uomini a cavallo con
lance, impattarono l’esercito fiorentino. La cavalleria guelfa arretrò, ma la
fanteria fece il suo dovere, dividendosi in due ali e accerchiando la
cavalleria ghibellina. I fanti, disordinati, non poterono evitare il massacro
dei ghibellini a cavallo, causato in particolare dall’ala destra dei guelfi,
dove si trovava Corso Donati, che con i suoi cavalieri, seppur disobbedendo
agli ordini militari ricevuti, caricò i nemici dettando le sorti della
battaglia. Iniziò poi la fase conclusiva tipica di ogni battaglia medievale,
ovvero la caccia ai nobili che valevano alti riscatti. Anche se da parte
ghibellina i morti furono circa 1700, anche i guelfi subirono notevoli perdite,
circa 300, e all’inizio gli esiti della battaglia non erano così scontati,
tanto che lo stesso Dante, prima della carica dei feditori aretini, affermò “ebbi
temenza molta”. Da sottolineare l’importanza che ebbero i balestrieri, che
mieterono molte vittime con i loro quadrelli, frecce capaci di penetrare
armature e cotte di maglia.
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